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Come aumentare la produttività dei propri collaboratori in studio

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Come aumentare la produttività dei propri collaboratori in studio

Qualità delle prestazioni professionali. Quanto alla prima, la qualità, abbiamo già affrontato in altri scritti su questa rivista on line l’importanza – oggi ancora più che in passato – della preparazione giuridica del legale; preparazione che include non solo la teoria, ma anche la pratica costante, l’aggiornamento è il confronto continuo con chi ha esperienza da vendere. Se un tempo si poteva pensare di vivere di “rendita di sapere” oggi dove tutto cambia velocemente è impensabile. Le novità normative, giurisprudenziali, ma anche organizzative, economiche e tecnologiche viaggiano ad un ritmo tale da impedire di sedersi sul sapere. Siamo in quel fenomeno che viene definito Life Long Learning, cioè apprendimento continuo lungo l’arco di tutta la vita. In altre parole, siamo studenti per sempre; il World Economic Forum ha indicato in 2 anni il tempo di obsolescenza del sapere. In altre parole, ogni due anni ciò che sappiamo oggi va rivisto perché obsoleto, superato. La qualità, dunque, per poter essere garantita richiede costante studio, aggiornamento, pratica, verifica sul campo.

Redditività delle prestazioni professionali. Quanto al secondo punto, la redditività del lavoro, questo si sposa con i concetti di produttività e di marginalità.

Partiamo dunque dal chiederci quando una attività o un collaboratore è produttivo. Qui ci muoviamo tra due concetti manageriali, l’efficacia e l’efficienza. Essere performante, quindi produrre risultati utili per lo studio vuol dire essere efficaci, quindi saper fornire il risultato qualitativo e quantitativo richiesto, ma anche saperlo raggiunge in modo efficiente, cioè con il giusto investimento di risorse, non di più. Impiegate troppo tempo per raggiungere il risultato, oppure coinvolgere troppe persone, o ancora profondere troppe energie nervose oppure economiche ci renderebbe inefficienti, quindi poco performanti e produttivi.

Provate a pensare quante volte ci siamo lamentati con i nostri collaboratori perché hanno impiegato troppo tempo, oppure troppe energie, che abbiamo ritenuto “sprecate” in funzione del risultato.

Diverso, anche se collegato, è il concetto di redditività. Qui entra in gioco la marginalità, cioè quanto resta in termini di reddito, quindi guadagno, dopo la prestazione. Non siamo in questa sede precisi al millimetro come farebbe un commercialista, perché non è questo il nostro intento qui; quindi sorvoliamo sulle specifiche distinzioni – molto importanti, per carità – tra reddito, utili, fatturato lordo, netto, spese.

Concettualmente, ci interessa qui sottolineare come il margine sia ciò che rimane dal fatturato una volta che abbiamo tolto le spese dirette e indirette sostenute per realizzare la prestazione.

Giusto per semplificare al massimo: ipotizziamo di fatturare una prestazione professionale 1000 e di sostenere tra spese dirette (es. trasferte), spese indirette (costi della struttura) e costi relativi alle ore impiegate da noi e dai nostri collaboratori sulla pratica 700; il margine o la redditività o produttività corrisponderebbe a 300.

Nell’esercizio “tradizionale” della professione legale l’avvocato non è stato certo abituato a fare questo tipo di valutazioni: da sempre si prendeva in carico la pratica e ci si lavorava sopra facendo ciò che era necessario, senza particolari valutazioni di tempi, persone impegnate, spese indirette e tantomeno calcolo del valore del nostro tempo. La conseguenza è che pochi o nessuno aveva cognizione della marginalità delle proprie prestazioni e pochi o nessuno avevamo contezza del valore della propria ora di attività professionale.

Oggi le cose stanno diversamente, causa i cambiamenti del mercato, la concorrenza, i ritmi di lavoro e la minor propensione dei clienti a pagare parcelle importanti. La conseguenza è che l’avvocato necessariamente deve diventare un manager anche nella valorizzazione del proprio lavoro, nella sua organizzazione e nella definizione del valore delle prestazioni.

Attività previsionale nell’organizzazione del lavoro. Se fino ad oggi dentro lo studio legale non si è vissuta la necessità di organizzare i tempi di lavoro nella logica di assicurare la produttività dei collaboratori e la redditività delle pratiche, oggi la situazione è cambiata. Oggi lo studio legale necessita di attività previsionale dove, partendo dall’importo da fatturare, si determina preventivamente chi lavorerà sulla pratica, quanto tempo deve ragionevolmente dedicare a deve tener conto dei tempi e delle attività svolte. Per fare questo ci sono strumenti dedicati, come i conti economici e i timesheet. Il conto economico di una pratica consiste in un documento previsionale che spesso assume la forma di un file Excel, oppure di una funzione compresa nel gestionale di studio, che permette di inserire preventivamente i costi che si stima verranno sostenuti, sia come costi diretti, sia indiretti, nonché le ore lavorate e relativa quantificazione economica. Tel documenti previsionale servirà come rotta da seguire, come documento programmatico. Durante la lavorazione della pratica le persone dedicate indicheranno quotidianamente nel timesheet come hanno utilizzato il proprio tempo e a cosa lo hanno allocato, in modo che si possa poi fare un controllo di gestione postino per verificare se abbiamo rispettato le previsioni, oppure no. Tutto, ovviamente richiede una certa flessibilità e buon senso. Il timesheet è a sua volta un documento che può essere rappresentato da un file Excel oppure interno al gestionale. Tale documento ha una triplice funzione: verificare come viene allocato il tempo lavorato dei collaboratori e quindi la loro produttività; verificare il conto economico della pratica per eventualmente modificare la parcella; apportare migliorie alle procedure di lavoro in futuro.

L’avvocato oggi è diventato un manager della propria attività e anche un imprenditore, senza tuttavia perdere la propria natura di professionista intellettuale e di consulente giuridico.