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Confermata la sanzione a Poste Italiane per raccomandate non consegnate

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Confermata la sanzione a Poste Italiane per raccomandate non consegnate

Sul tema il TAR Lazio con la sentenza n. 7161/21, depositata il 15 giugno.

L’AGCM avviava nei confronti di Poste Italiane S.p.A. il procedimento istruttorio al fine di verificare «l’esistenza di una pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del consumo relativamente a due condotte consistenti: a) nella promozione di caratteristiche del servizio di recapito delle raccomandate che non avrebbero trovato riscontro nel servizio effettivamente erogato; b) nell’aver pubblicizzato il servizio di ritiro digitale delle raccomandate omettendo di indicare nei messaggi l’esistenza di limitazioni per la fruibilità del servizio medesimo» (v. la news: Raccomandate non consegnate: l’AGCM sanziona Poste Italiane).

Ne conseguiva l’erogazione da parte di AGCM di una sanzione a Poste pari a 5 milioni di euro, vietando la diffusione o la continuazione della pratica.

Poste ricorre presso il TAR Lazio lamentandosi, tra i vari motivi, del fatto che AGCM avrebbe «strumentalmente individuato l’oggetto della contestazione nella potenzialeingannevolezza della comunicazione relativa alla posta raccomandata, mentre oggetto di valutazione sarebbero state esclusivamente le concrete modalità operative di recapito delle raccomandate, di competenza esclusiva di Agcom nella sua qualità di autorità di regolazione».

Il ricorso è infondato nel merito in quanto «il servizio di raccomandata è rivolto (anche) ai consumatori e l’asserita preponderanza di utilizzo del servizio da parte di professionisti è irrilevante ai fini dell’accertamento dell’illecito».

E la CEDU ha avuto modo di affermare a riguardo che «in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza è dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato mentre quella delle altre Autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli “aspetti specifici” delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili. Ciò impone un confronto non tra interi settori o tra fattispecie concrete, ma tra singole norme generali e di settore, con applicazione di queste ultime soltanto qualora esse contengano profili di disciplina incompatibili e antinomici con quelle generali di disciplina delle pratiche commerciali scorrette» (sentenza del 13 settembre 2018).

Nel caso di specie la competenza di accertamento della condotta scorretta spetta all’AGCM e l’accertamento ha riguardato «a) la potenziale decettività del messaggio promozionale circa la comodità, la certezza e la velocità di consegna delle raccomandate e, in ordine alla condotta; b) le limitazioni di utilizzo del servizio di “ritiro digitale”».

Tra i vari motivi di doglianza, Poste Italiane si lamenta anche della quantificazione della sanzione da parte dell’Autorità in quanto sarebbe stata ricondotta al massimo edittale di 5 milioni di euro senza provare che essa fosse «“estremamente grave” per i consumatori e che avesse determinato un impatto negativo sul sistema giustizia e non considerando, quanto alla condotta sub b), l’assenza di impatti sul mercato».

Ma anche in questo caso la censura va respinta in quanto ai sensi dell’art. 11 l. n. 689/1981 «la determinazione della sanzione sia avvenuta sulla base della gravità della violazione, dell’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, della personalità dell’agente e delle condizioni economiche dell’impresa stessa», in modo da garantire da un lato, l’effettiva efficacia deterrente della sanzione pecuniaria secondo criteri di proporzionalità ed adeguatezza, dall’altro, al fine di delineare la gravità della condotta.

Ne consegue che la delibera da parte dell’AGCM ha applicato, in modo ragionevole, il massimo edittale considerando «la dimensione economica del professionista, che rappresenta il principale operatore attivo nell’erogazione dei servizi postali; il tipo di prodotto sul quale incide la pratica commerciale scorretta, rientrante in parte nel servizio postale universale; la pluralità di condotte con cui la pratica è stata realizzata, della sua particolare ampiezza e diffusione(anche tramite il mezzo internet) e della lunga durata».

Per questi motivi il TAR Lazio respinge il ricorso di Poste Italiane e la condanna al pagamento delle spese processuali.