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Crisi di Impresa e resilienza nell’era del Coronavirus: il tempo dei concordati fallimentari del giorno dopo a garanzia pubblica

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Crisi di Impresa e resilienza nell’era del Coronavirus: il tempo dei concordati fallimentari del giorno dopo a garanzia pubblica

La vicenda determinerà una grande crisi economica non strutturale che, come nei cicli storici precedenti, produrrà poi grande sviluppo per quei Paesi e quelle Imprese che abbiano saputo usare un approccio “resiliente”. L’espressione è mutuata dalla tecnologia dei materiali intesa come attitudine degli stessi ad assorbire energia in conseguenza delle deformazioni elastiche e plastiche fino alla rottura. Nel nostro caso indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare efficacemente la vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che l’evento dinamico dell’esistenza offre senza, si badi bene, alienare la propria identità.

Sono resilienti quelle persone e quelle imprese che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti ed imprevedibili prima degli eventi negativi.

Affinché vi sia resilienza, è tuttavia richiesta una strategia preventiva e, al contempo, una strategia reattiva, alle quali devono corrispondere drivers consolidati e non assetti completamenti nuovi, come quelli delineati dal Codice della crisi e della insolvenza, la cui entrata in vigore, a nostro avviso, va rinviata al futuro neppure prossimo. D’altra parte il segnale è già arrivato in questi giorni dal rinvio per decreto di alcune parti e per alcune imprese della nuova normativa, specie per quanto concerne l’allerta, i cui indici sono inevitabilmente deformati dalla situazione eccezionale, che si somma alle già note criticità manifestate per l’attuazione delle misure da parte di imprese ancora non ben organizzate in tal senso e che dovranno indirizzare le proprie energie cognitive ad altro.

La resilienza in casi del genere è appunto di tipo “cognitivo” e richiede un contesto normativo ed identitario consolidato in quanto si tratta di riadattare l’esperienza e la conoscenza consolidata. Si tratta della capacità non tanto di resistere alle deformazioni, quanto di capire come possano essere ripristinate le proprie condizioni di conoscenza ampia, scoprendo una dimensione che renda possibile la propria struttura.

Vi sono processi economici e sociali che, in conseguenza del trauma costituito da una catastrofe, cessano di svilupparsi restando in una continua instabilità e, alle volte, addirittura collassano, estinguendosi; in altri casi, al contrario, sopravvivono e, anzi, proprio in conseguenza del trauma, trovano la forza e le risorse per una nuova fase di crescita e di affermazione in quanto capaci di programmare e gestire la reazione e talora persino la mutazione genetica.

Ma proviamo ad immaginare una strategia di resilienza specie per quelle imprese sane, che all’improvviso hanno perduto le proprie certezze e la dinamica dei propri cicli produttivi e che non solo possono trovarsi sul baratro dell’incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni ma divenire facili prede, a prezzi da saldo, di altre imprese concorrenti, specie straniere.

La riforma del 2006, nell’uscire dall’agnosticismo normativo che aveva riguardato il tema, ha non solo dato all’azienda, al ramo (e persino all’universalità di beni aziendali non costituenti compendio autonomo) una centralità nelle norme sulla liquidazione riallocativa dell’attivo (artt. 104 ss.), ma come noto ha affrontato espressamente anche la questione del contratto di affitto preesistente. In particolare l’art. 79 sancisce che «il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d’azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall’articolo 111, n. 1».

Il legislatore, in realtà, ha preso atto che il fenomeno ha un particolare rilievo in sede concorsuale in quanto frequentemente il contratto viene stipulato dall’imprenditore in crisi nell’ambito di un programma diretto a “lasciare” i debiti alla procedura ed a permettere la prosecuzione dell’attività d’impresa ad una persona giuridica terza, anche con il medesimo assetto proprietario.

Tale programma può essere concepito in modo virtuoso, dichiarato e “resiliente”, al fine di consentire una gestione ponte propedeutica ad evitare soluzioni di continuità dell’attività economica sullo sfondo di una definizione concordataria (preventiva o appunto fallimentare) della crisi, od in modo “abusivo” o persino “simulato”, al fine semplicemente di sottrarre alla massa le scelte di gestione dell’impresa e conseguentemente di amministrazione del patrimonio fallimentare, con un canone inadeguato e clausole contrattuali sfavorevoli alla curatela, quale prospettico avente causa.

La espressa disciplina della fattispecie dettata dalla legge fallimentare vigente accentua la prima opzione di utilizzo tipico, in funzione di una definizione concordataria (a guisa di bad company), garantita eventualmente dal prezzo di successiva vendita dell’azienda all’affittuario oltre che dai canoni di locazione.

Ciò anche in considerazione del fatto che il concordato fallimentare può essere, oltre che una mera modalità subprocedimentale di chiusura del fallimento, una variante procedimentale del modello liquidatorio base, rappresentando una possibile alternativa allo stesso per la gestione e la sistemazione dell’insolvenza che sia stata accertata in via giudiziale, da attuare subito dopo tale accertamento.

La previsione della facoltà di recesso indennizzato – in cui l’eventuale valutazione del giudice va condotta sul piano dell’equilibrio delle prestazioni con riferimento al margine di guadagno che la parte si riprometteva di trarre dalla esecuzione del contratto – consente nella modalità di utilizzo, per così dire fisiologica, anche una corretta programmazione della fattibilità economica della sistemazione concordataria dopo il fallimento, anche a beneficio di eventuali finanziatori.

Il tutto al fine di evitare quelle interruzioni dell’attività di impresa, in alcuni casi esiziali, derivanti dal tempo necessario alla selezione ed alla contrattazione per un affitto successivo, visto che la gestione sostitutiva rimane nella riforma un’ipotesi del tutto eccezionale. L’idea di un concordato fallimentare “del giorno dopo” era d’altra parte stata concepita dal Legislatore che, nel delineare il contenuto del programma di liquidazione, aveva collocato ai primi posti innanzitutto: a) l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di azienda ai sensi dell’art. 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’art. 104-bis; b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto.

È evidente che la sussistenza di proposte di concordato fallimentare, da indicare nel programma all’indomani del fallimento, non può che fare riferimento a quella variante procedimentale del modello liquidatorio base programmato dallo stesso imprenditore insolvente sulla base di un driver strategico di resilienza dell’impresa che sia stata affittata subito prima ad un soggetto giuridico diverso ma con il medesimo assetto proprietario.

C’è di più, la proposta di concordato fallimentare “del giorno dopo” può essere assistita da quel nuovo sistema di garanzie pubbliche introdotte dalla decretazione d’urgenza di questi giorni. Ed il varco è nel comma 8 dell’art. 49 del decreto in cui si prevede che il Mef può emanare provvedimenti di natura non regolamentare con i quali individuare nuove misure a favore delle imprese come finanziamenti agevolati alle stesse e garanzie “primarie” anche a favore di banche per l’erogazione di nuova finanza.

Ecco che il programma“resiliente” che consenta la gestione ponte mediante affitto può trovare il tassello finale nel concordato a garanzia pubblica “del giorno dopo”, propedeutico ad un “fresh start” o ancora meglio ad un “restart without limits”.

(Fonte: giustiziacivile.com)

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