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Divieto di prevalenza della circostanza attenuante sulla recidiva: interviene (ancora) la Corte costituzionale

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Divieto di prevalenza della circostanza attenuante sulla recidiva: interviene (ancora) la Corte costituzionale

Il tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza del 9 dicembre 2019, n. 129 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma quarto, c.p. Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante dell’aver commesso un reato più grave rispetto a quello voluto (art. 116, comma secondo, c.p.) rispetto alla recidivaex art. 99, comma quarto.

Il comma quarto dell’articolo 69 era stato così sostituito dall’art. 3 della l. n. 251/2005, c.d. ex Cirielli.

In via subordinata, il tribunale di Firenze ha sollevato anche la questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza di più circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, c.p.

La Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile e non infondata la questione sollevata in via principale, e ritenuto assorbita quella sollevata in via subordinata, affermando che «Il divieto inderogabile di prevalenza dell’attenuante in esame non risulta, quindi, compatibile con il principio costituzionale di determinazione di una pena proporzionata.

Infatti il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del reato “esige in via generale che la pena sia adeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di offensività del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo (sentenza n. 222 del 2018). E il quantum di disvalore soggettivo dipende in maniera determinante non solo dal contenuto della volontà criminosa (dolosa o colposa) e dal grado del dolo o della colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori che hanno influito sul processo motivazionale dell’autore, rendendolo più o meno rimproverabile” (sentenza n. 73 del 2020).

In definitiva, la sproporzione della pena rispetto alla rimproverabilità del fatto posto in essere, globalmente considerato, conseguente al divieto di prevalenza censurato, determina un trattamento sanzionatorio che impedisce alla pena di esplicare la propria funzione rieducativa con violazione dell’art. 27 Cost.

Inoltre, il contrasto dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., con l’art. 3 Cost. viene in rilievo sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, in quanto il divieto censurato finisce per vanificare la funzione che la diminuente di cui all’art. 116, secondo comma, cod. pen., tende ad assicurare, ossia sanzionare in modo diverso situazioni profondamente distinte sul piano dell’elemento soggettivo (quello del correo che pone in essere l’evento diverso e più grave e quello di chi vuole».

Per tali ragioni, con la sentenza n. 55, depositata il 31 marzo 2021, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, c.p. (come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, c.p., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, c.p.

(Fonte: ilpenalista.it)