Il riconoscimento da parte dello Stato dei benefici agli ebrei perseguitati dal fascismo
Sul punto si è pronunciata la IV Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 5896/18; depositata il 12 ottobre.
La vicenda. Il giudizio muove dall’azione proposta dall’attrice, figlia di padre ebraico e madre italiana, per l’annullamento di un provvedimento adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti e razziali, recante il rigetto della richiesta avanzata dalla medesima nel 2013 per ottenere l’attribuzione dei benefici previsti dalla l. n. 336/1970.
In particolare, l’Amministrazione non glieli aveva concessi per mancanza di elementi indicativi dell’appartenenza dell’attrice «alla razza ovvero alla religione ebraica».
I benefici. La l n. 336/1970 riconosce i benefici in favore dei dipendenti civili di ruolo e non di ruolo dello Stato, compresi quelli delle amministrazioni e delle aziende con ordinamento autonomo, ai quali possa riconoscersi lo status soggettivo di «ex combattenti, partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra, orfani, vedove di guerre, o per causa di guerra, profughi per l’applicazione del trattato di pace e categorie equiparate». La l. n. 541/1971 estende tali benefici «anche agli ex deportati ed agli ex perseguitati, sia politici che razziali, assimilati agli ex combattenti». Prosegue poi il legislatore con la l. n. 17/1978 chiarendo che la qualifica di ex perseguitato razziale spetta anche ai cittadini italiani di origine ebraica che abbiano riportato pregiudizio fisico o economico o morale e quest’ultimo tipo di pregiudizio è comprovato anche dall’avvenuta annotazione di “razza ebraica” sui certificati anagrafici.
Nel caso in esame, dai documenti depositati negli atti, risulta l’origine ebraica della ricorrente, figlia di padre ebreo costretto a lasciare il lavoro e la famiglia e a fuggire, e di madre italiana, della quale utilizzò il cognome al posto di quello paterno, noto cognome ebraico, sicché sotto tale profilo l’appello non merita accoglimento, poiché il Consiglio di Stato stabilisce che «i benefici riconosciuti dallo Stato agli ebrei perseguitati dal fascismo non possono essere accordati rifacendosi alle leggi razziali, essendo ratio della norma di compensare con attribuzioni economiche pregiudizi patiti da soggetti (cittadini italiani) per il fatto in sé di avere un’origine ebraica».