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Emergenza Covid-19 e procedimento arbitrale: possibili strumenti per una gestione degli aspetti più critici

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Emergenza Covid-19 e procedimento arbitrale: possibili strumenti per una gestione degli aspetti più critici

Legislazione emergenziale ed arbitrato

In situazioni così uniche ed abnormi come quella creata dall’emergenza pandemica del Covid-19 è sempre molto difficile, per il governo di un Paese, contemplare tutti i possibili risvolti critici che vengono ad insorgere con riferimento alla tutela dei diritti e cercare quindi di prevenirli, o almeno di porvi rimedio. Risulta dunque perfettamente comprensibile il fatto per cui, in relazione al “comparto giurisdizione”, il primo e più immediato pensiero dell’esecutivo (cfr. in particolare D.L. n. 17/2020, art. 83) sia stato riservato alla giustizia ordinaria (civile, penale amministrativa, contabile) ed alle procedure alternative istituzionali di risoluzione delle controversie (ADR, in particolare mediazione e negoziazione assistita).

Nel contempo, non stupisce che nessuno dei recenti provvedimenti legislativi urgenti (D.L. 9/2020, D.L. 11/2020, D.L. 18/2020, D.L. 23/2020) abbia avuto specificamente ad oggetto la materia arbitrale, posto che essa non rientra per definizione nell’alveo della giustizia ordinaria, presentando connotazioni privatistiche che la rendono alternativa a quest’ultima. Ciò non toglie, peraltro, che anche in questo periodo di surreale “congelamento”i procedimenti arbitrali continuino ad essere pendenti, generando a carico degli arbitri e dei difensori una serie di comprensibili dubbi interpretativi ed operativi scaturiti dall’emergenza pandemica; dubbi che, per quanto stemperabili almeno in parte nella natura largamente discrezionale che caratterizza la gestione del procedimento ad opera dei soggetti interessati, meritano di venire brevemente passati in rassegna al fine di condividere alcune riflessioni auspicabilmente di conforto per gli operatori della materia.

Gli arbitrati amministrati

I vantaggi che normalmente derivano alle parti dall’avere deferito la gestione del procedimento arbitrale ad un’istituzione, rendendo applicabile il relativo regolamento, si manifestano anche in relazione alla specifica contingenza attuale. Infatti, quasi tutti gli enti istituzionali che amministrano arbitrati si sono premurati di adottare provvedimenti uniformi volti a regolarne il corso, modellandoli sulla falsariga di quelli emessi dal governo per i processi civili in relazione sia alla sospensione dei termini, sia al rinvio delle udienze, sia alle modalità di deposito “da remoto” degli atti e documenti.

a) Spicca per importanza, a tale riguardo, la Camera Arbitrale di Milano, il cui Consiglio Arbitrale ha emesso i provvedimenti in data 12.3.2010 e 25.3.2020, con i quali, per il periodo 16.3.2020-15.4.2020, sono stati sospesi i termini per il deposito di tutti gli atti relativi ai procedimenti, compreso quello per il deposito del lodo, così come ogni altro termine previsto dal Regolamento in vigore. Ove il temine cominci a decorrere durante il periodo di sospensione, il suo inizio viene differito al 16.4.2020; per quanto più specificamente concerne i lodi, una volta venuta meno la sospensione, il termine residuo per il deposito, qualora inferiore, è esteso a trenta giorni. Le udienze arbitrali fissate nel periodo ricompreso tra il 16.3.2020 ed il 15.4.2020 sono rinviate d’ufficio a data successiva, con invito ai tribunali arbitrali a provvedere quanto prima in merito all’assegnazione di eventuali nuovi termini ed alla rifissazione delle udienze oggetto di rinvio.

La Camera Arbitrale ha giustamente fatta salva la facoltà dei tribunali arbitrali e delle parti di disporre diversamente, impregiudicato il rispetto dell’ordine pubblico (ed, ovviamente, del principio del contraddittorio). Ciò significa che, in ossequio alla preminente importanza riservata dalla materia arbitrale alla volontà delle parti e degli arbitri, questi ultimi possono decidere di non usufruire delle misure sospensive disposte dalla Camera, la quale continua ad assicurare la gestione dei procedimenti in modalità telematica, a cominciare dall’accettazione dei depositi mediante posta elettronica certificata ed a seguire con la celebrazione delle udienze “da remoto” mediante videoconferenza.

b) Iniziative sostanzialmente identiche (anche sotto il profilo della terminologia utilizzata nei provvedimenti) sono state adottate da “Arbitra Camera” di Roma, i cui uffici operano in regime di smart working a far tempo dal 12.3.2020, nonché, tra le altre, dalla Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio di Bologna (dove la sospensione dei termini ha avuto inizio a far tempo dal 9.3.2020).

c) La Camera Arbitrale di Brescia (località purtroppo tragicamente flagellata dal Covid-19) ha disposto che i termini per il deposito di tutti gli atti dei procedimenti arbitrali, compresi i lodi, “anche in analogia a quanto previsto per le udienze dei Tribunali e per la mediazione”, siano sospesi fino al 15.4.2010 “o fino a completa cessazione delle misure restrittive ovvero fino ad emanazione di nuove disposizioni normative che facciano venire meno la vigenza delle attuali”. Nell’aggiungere che le udienze arbitrali sono rinviate d’ufficio a dopo il 15.4.2020, la Camera ha specificato che, in deroga a quanto sopra, rimane pienamente operativa, esclusivamente con strumenti telematici e forme di comunicazione a distanza, “l’attività relativa all’Arbitrato Nazionale e Internazionale Laddove la controversia derivi o sia connessa all’emergenza sanitaria e rivesta pertanto carattere di particolare urgenza”.

d) Più in generale, quindi, la tendenza delle varie istituzioni arbitrali sembra essere quella di conformare il regime sospensivo degli arbitrati a quello previsto dalla legislazione emergenziale per i procedimenti civili, alla luce di una ratio sostanzialmente omogenea ed in presenza di situazioni tra loro assimilabili sotto il profilo funzionale.

e) Da ultimo, in tema di arbitrati nei contratti pubblici coinvolgenti i privati ai sensi del D.lgs. 18.4.2016, n. 50, dove le controversie aventi ad oggetto i diritti soggettivi di cui agli artt. 209-210 sono deferite alla Camera Arbitrale creata in seno all’ANAC, il Presidente di quest’ultima, con distinti e successivi provvedimenti in data 12.3.2020 e 3.4.2020, ha vietato per il periodo 12.3.2020-17.4.2020 ogni riunione del Consiglio arbitrale o dei collegi arbitrali programmata “in presenza” presso la sede della Camera, “impregiudicata l’attività espletabile in collegamento videotelefonico con le garanzie e le sicurezze assicurate dall’Autorità”, evidenziando la possibilità di deposito dei lodi presso la Camera a cura dei collegi arbitrali con le modalità informatiche e telematiche previste dall’art. 209, comma 13., D.Lgs. n. 50/2016.

Gli arbitrati nazionali ad hoc

Accanto agli arbitrati amministrati, continuano ad esistere e ad essere in pieno svolgimento numerosissimi arbitrati ad hoc, i quali non beneficiano dell’esistenza di un regolamento e di un ente gestore cui fare riferimento in questo tipo di situazioni.

a) Ovviamente, è del tutto possibile che un procedimento arbitrale ad hoc sia stato introdotto durante il periodo normativo di lockdown attraverso la notifica telematica alla casella PEC della controparte (ove esistente) dell’atto di nomina (esattamente come accade, ad esempio, per un atto di citazione), e che gli arbitri progressivamente designati dalle parti abbiano separatamente accettato ai sensi dell’art. 813 c.p.c., riuscendo anche a nominare il presidente ed a costituire persino il collegio arbitrale “da remoto”. C’è da chiedersi, peraltro, se in presenza di una clausola compromissoria che nulla dispone in ordine alle modalità di nomina degli arbitri, rendendo così applicabile in via diretta l’art. 810 c.p.c., il termine ivi assegnato al convenuto sia passibile di una qualche forma di sospensione in ragione del fenomeno pandemico o della normativa ad esso riferibile. E’ infatti evidente che, al di là di ogni considerazione di natura anche deontologica circa la correttezza di un’iniziativa arbitrale assunta da una parte, tramite il patrocinio di un legale, in un simile frangente (sempreché non sia stata necessitata dalla scadenza di termini o dal maturare di prescrizioni o decadenze, e per quanto l’art. 83, comma 8, D.L. 18/2020 introduca la sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza “dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi”), la controparte adita potrebbe oggettivamente trovarsi in una situazione di grande difficoltà nel reperimento di un difensore, nel conferimento di una procura a quest’ultimo e nella scelta di un arbitro da affiancare a quello designato ex adverso (immaginiamo ad esempio che il convenuto, a differenza dell’attore, abbia sede in Lombardia, caratterizzata da una legislazione regionale più penalizzante sotto il profilo anche solo degli spostamenti e dell’apertura degli studi professionali). E’ vero, infatti, che il termine di nomina dell’arbitro di parte convenuta non viene ritenuto perentorio dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 2.12.2005, n. 26257), ma è altrettanto vero che, a ben vedere, anche il termine ordinatorio non prorogato tempestivamente da luogo a decadenza. In questo caso, il codice di rito non prevede ipotesi tipiche di proroga da parte dell’autorità giudiziaria come, ad esempio, quelle per il deposito del lodo di cui all’art. 820, terzo comma (su cui meglio infra), mentre al tempo stesso appare problematico concepire l’applicabilità tout court dell’art. 154 c.p.c., destinato ai termini processuali di cui agli artt. 152 e segg.. D’altro canto, se il termine per la contronomina di cui all’art. 810 potesse venire qualificato come processuale (ad esempio in quanto “esterno” ed anteriore rispetto ad un procedimento arbitrale non ancora formalmente iniziato, pur avendo la nomina iniziale effetto interruttivo di prescrizioni e decadenze: cfr. art. 2943, quarto comma, c.c.), l’applicazione diretta della sospensione ex D.L. 18/2020 o analogica della sospensione feriale ex L. 7.10.1969, n. 742 sarebbe anche ipotizzabile, in linea di principio. Ad ogni modo, laddove il destinatario di una notifica ex art. 810 in periodo di lockdown non sia stato in grado di predisporre e comunicare la contronomina in tempo utile, e l’attore abbia inteso avvalersi di tale circostanza per chiedere la nomina in surroga prevista dal secondo comma dell’art. 810, è auspicabile che il presidente del tribunale adito per tale incombente, atteso il carattere non urgente di quest’ultimo e considerata la menomazione del diritto di difesa subita dal convenuto, soprassieda dalla designazione vicaria quantomeno sino alla fine dell’emergenza, consentendo in questo modo all’interessato una nomina che, ancorché tardiva, avrebbe l’effetto di prevalere comunque su quella successivamente emessa dall’autorità giudiziaria (Cass. 26257/2005, cit.).

b) Per quanto concerne i termini e gli adempimenti “interni” al procedimento arbitrale, situazioni eccezionali come quella corrente possono venire affrontate e gestite, anzitutto, attraverso la collaborazione tra le parti, la cui concorde volontà rappresenta per definizione l’elemento fondante dell’istituto, ed è quindi idonea ad attuare modifiche procedurali quali il prolungamento dei termini per il deposito di atti o documenti o il differimento delle udienze già fissate. Poiché, peraltro, le umane vicende registrano purtroppo divergenze di vedute anche nei frangenti più drammatici, in assenza di concordi determinazioni delle parti gli arbitri possono pur sempre avvalersi dei poteri loro accordati dall’art. 816-bis c.p.c., regolando così lo svolgimento del giudizio nel modo ritenuto più opportuno anche attraverso lo spostamento dei termini precedentemente concessi o delle udienze prefissate. L’unico limite ad una simile attività di adeguamento all’emergenza pandemica sarà rappresentato dal principio del contraddittorio, dovendo gli arbitri concedere pur sempre alle parti “ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa” (art. 816-bis, primo comma), e non potendo dunque sbilanciare l’assetto procedimentale a danno di una di esse attraverso la modifica degli adempimenti calendarizzati.

c) Questione ancor più rilevante è quella attinente al termine per il deposito del lodo, rispetto al cui decorso la situazione emergenziale può rivestire una qualche importanza: si pensi ad una scadenza che va a porsi nel bel mezzo del lockdown normativo o poco dopo la sua (sospirata) conclusione, quando cioè gli arbitri-professionisti hanno dovuto misurarsi con impedimenti anche di natura pratica tali da rendere estremamente arduo lo svolgimento del loro mandato.

La prima questione che istintivamente si pone riguarda, com’è ovvio, l’eventuale applicabilità al deposito del lodo della sospensione disposta dall’art. 83, comma 2, D.L. 18/2020 per tutti i termini processuali. Assodato che tale norma non riguarda gli arbitrati, sia in quanto non menzionati, sia perché, a contrario, essa include nel proprio raggio d’azione la mediazione e la negoziazione assistita, spetta all’interprete cercare di capire se possa venire applicata analogicamente o in via estensiva alla materia arbitrale. Ebbene, gli elementi a disposizione, in questo senso, sono tra loro non univoci e financo confliggenti, quantomeno in prima approssimazione.

Da un lato, infatti, autorevoli esponenti del governo hanno descritto quoad effectum la “sospensione processuale da coronavirus” come una sorta di anomala ed eccezionale “sospensione feriale”. Ora, al di là delle sedi non esattamente tecniche in cui tali dichiarazioni sono state rilasciate, l’accostamento tra la sospensione da lockdown e quella feriale ai sensi della L. 7.10.1969, n. 742 porterebbe con ogni probabilità a concludere per l’inapplicabilità dell’art. 83 D.L. 18/2020 al termine per il deposito del lodo, in quanto la Cassazione, attraverso il noto precedente rappresentato dalla sentenza n. 24866 dell’8.10.2008, è pervenuta proprio a tale risultato, affermando che il termine previsto dall’art. 820 c.p.c. non è soggetto al regime di sospensione ex L. 742/1969, soprattutto a causa dell’irriconducibilità dell’arbitrato alla giurisdizione (oltreché in ragione della maggior celerità del giudizio arbitrale e della possibilità per le parti di prorogare il termine per il deposito).

Dall’altro, tuttavia, più recenti pronunce di legittimità (in particolare Cass. SS.UU. 25.10.2013, n. 24153 e Cass. SS.UU. 9.5.2016, n. 9285) hanno aperto una breccia nel muro della tradizionale tesi che attribuisce natura esclusivamente negoziale all’arbitrato rituale (si veda le più risalenti Cass. SS.UU. 3.8.2000, n. 527; Cass. SS.UU. 1.12.2000, n. 1240), individuandone una precisa valenza processuale peraltro evincibile anche da plurimi riferimenti normativi (l’art. 816-bis parla di “giudizio”, l’art. 822 afferma che gli arbitri “decidono”, e così via). In quest’ottica, dunque, non sembrerebbe poi così incongruo accostare il “processo arbitrale” alle vicende sospensive ordinarie, e di riflesso anche a quelle “straordinarie” come quella da emergenza pandemica, soprattutto laddove (ma sembra difficile immaginarlo in concreto) le parti abbiano previsto sin dall’inizio di sottoporre il procedimento anche alla L. 742/1969 (la qual cosa, ovviamente, renderebbe assai più agevole l’estensione al termine per il deposito del lodo della sospensiva straordinaria “da coronavirus”).Infine, non può non venire adeguatamente valorizzata la circostanza per cui quella da Covid-19 non è una sospensione “qualunque”, ma un evento a tal punto invasivo e socialmente pregiudizievole da scomodare una serie di valori solidaristici anche di natura costituzionale utili per avvalorarne un’applicazione quanto più possibile estesa, posto che la stessa relazione illustrativa al D.L. 18/2020 censura “il fiorire di dubbi interpretativi e prassi applicative sostanzialmente elusive del contenuto della previsione o comunque non adeguatamente sensibili rispetto all’evidente dato teleologico della norma, costituito dalla duplice esigenza di sospendere tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia, da un lato, e di neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attività processuali avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali, dall’altro”.

In conclusione, laddove peraltro la ricognizione degli elementi in senso favorevole o contrario all’una o all’altra ricostruzione non consentisse di pervenire ad una conclusione sufficientemente certa e cautelativa per gli interessati (anche se, a parere di chi scrive, proprio l’eccezionalità ed il carattere addirittura mondiale dell’evenienza dovrebbe indurre, al momento opportuno, la formazione di lodevoli correnti esegetiche giurisprudenziali largamente inclini a riconoscere l’applicabilità della sospensione), l’accorgimento pratico più opportuno per un collegio arbitrale giugulato dalla scadenza del termine in periodo emergenziale sembra rinvenibile nella possibilità per gli arbitri di chiedere una proroga al presidente del tribunale ai sensi del’art. 820, comma 3, lett. b), ovviamente prima che il termine scada. Si tratterebbe senza dubbio di un procedimento, pur di volontaria giurisdizione, “la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti” ai sensi dell’art. 83, comma 3., lett. a), D.L. 18/2020, e come tale andrebbe trattato da parte dell’ufficio giudiziario competente, secondo le modalità di urgenza previste da tale norma. Per quanto concerne la motivazione del ricorso, ritengo doveroso che il presidente del tribunale nulla possa pretendere oltre alla mera allegazione della scadenza del termine entro il periodo di emergenza o a ridosso della scadenza di questo, perché le conseguenze del lockdown sono note a livello planetario e, quindi, anche ai sensi dell’art. 115, secondo comma, c.p.c..

Gli arbitrati irrituali nazionali

La natura negoziale che contraddistingue l’arbitrato irrituale, facendone un istituto sostanziale del tutto a sé stante rispetto a quello rituale, esclude invece per definizione ogni possibile interferenza tra il suo svolgimento e la sospensione processuale dei termini. Lo scenario, qui, è invece regolato dalle norme sui contratti (in particolare gli artt. 1703 e segg. c.c. disciplinanti il mandato, figura negoziale che indubbiamente ricorre tra parti ed arbitri: cfr. Cass. 21.1.2016, n. 1097; Cass. 17.3.2014, n. 6125), con particolare riferimento a quelle che regolano vicenda anomale come l’impossibilità sopravvenuta (art. 1256 c.c.) derivante da fatto dell’autorità o da forza maggiore: è evidente, infatti, che la chiusura degli studi professionali espressamente disposta, ad esempio, dalla Regione Lombardia costituisce un classico esempio di factum principis invocabile dagli arbitri in relazione allo svolgimento del mandato. Ciò vale anche in relazione al termine per il deposito del lodo, poiché se è vero che il mandato si estingue per scadenza del termine (art. 1722, comma 1, n. 1), c.c., come riconosciuto, ad esempio, da Cass. 11.6.2014, n. 13212, Cass. 20.4.2018, n. 9924 e Cass. 22.11.2011, n. 24562), pare altrettanto innegabile che il lockdown rappresenti una causa di impossibilità sopravvenuta temporanea, invocabile dagli arbitri per escludere una propria responsabilità da inadempimento e per ottenere dalle parti, anche in un’ottica di esecuzione del contratto secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., una congrua proroga del termine originariamente accordato.

Impatto sugli arbitrati internazionali

Non rientra tra gli obiettivi del presente contributo esaminare l’interazione tra l’emergenza pandemica ed il variegato mondo dell’arbitrato internazionale. Ad ogni modo, per una interessante panoramica generale circa l’impatto del Covid-19 sulle negoziazioni internazionali e sulla correlativa risoluzione in via arbitrale delle controversie, si rinvia a A. Ross, The coronavirus: what impact, in Global Arbitration Review website, 7.3.2020.

(Fonte: ilsocietario.it)

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