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Il Mezzogiorno non è un vuoto a perdere e il Jobs Act ha precarizzato il mercato del lavoro

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Il Mezzogiorno non è un vuoto a perdere e il Jobs Act ha precarizzato il mercato del lavoro

Prima leggenda: la dipendenza patologica del Sud. Il residuo fiscale a vantaggio del Sud, stimabile in circa 50 miliardi è ineliminabile a meno di non ledere del tutto i principi fondamentali della Costituzione, che garantisce la tutela di servizi e livelli essenziali di prestazioni a tutti i cittadini, ovunque residenti.

È noto che il Sud sconta gravi carenze infrastrutturali e ritardi di ogni genere e che solo l’attuazione di un vero e responsabile federalismo fiscale potrà aiutare a colmare il GAP esistente.

La domanda interna del Sud, data dalla somma di consumi e investimenti, attiva circa il 14{0d848af5c73fb4bbfeaa421a202570d774e4edaa490ec183e5fcc1121a5edb48} del PIL del Centro Nord, quasi 180 miliardi.

Secondo le stime di Svimez 2017, per ogni 10 euro che affluiscono al Sud sotto forma di residui fiscali, 4 tornano immediatamente al Centro Nord sotto forma di domanda di beni e servizi.

Le risorse che affluiscono al Sud contribuiscono comunque a sostenere un’area di produzione e di consumo ancora rilevante per l’economia dell’intero Paese e di cui dunque beneficia anche il Nord.

Nella contabilità dei flussi finanziari interregionali andrebbero presi in considerazione anche molti altri elementi: la differenza nel credito tra depositi e impieghi che penalizza il Sud, il trasferimento di capitale umano qualificato, gli interessi sul debito pubblico ecc…

Considerato il saldo migratorio negativo dell’ultimo quinquennio, Swimez calcola una perdita di circa 200 mila laureati meridionali con una perdita netta in termini finanziari del Sud di circa 30 miliardi di euro.

Seconda leggenda: la positività del Jobs Act. Come da più parti previsto, si è trattato di un provvedimento del tutto inefficace, e per alcuni aspetti controproducente, per la crescita dell’occupazione. Dopo un aumento dell’occupazione “a tempo indeterminato”, evidentemente conseguenza diretta della convenienza da parte delle imprese a riconvertire i contratti per avvalersi della detassazione, riducendosi i fondi pubblici per gli sgravi fiscali alle imprese, si è registrata una rapidissima inversione di tendenza: è aumentato il tasso di disoccupazione e i contratti sono diventati sempre più precari.

In sostanza, si è trattato di un’operazione che ha temporaneamente “drogato” il mercato del lavoro italiano. Nulla più di questo, se non si fosse trattato di un vero e proprio spreco di risorse pubbliche per un obiettivo non raggiunto e verosimilmente non raggiungibile con gli strumenti utilizzati. Terminata questa fase, ci si ritrova in una condizione sotto molti aspetti peggiore della precedente. (Guglielmo Forges Davanzati in MicroMega, 12.01.2017).

Nel Mezzogiorno i dipendenti a tempo indeterminato hanno subito un forte calo nella crisi recuperando parzialmente solo nell’ultimo biennio.

Part-time involontario. Finiti i benefici fiscali sono esplosi i contratti a tempo parziale e soprattutto il cd. part-time involontario cioè quei contratti che non derivano dalla libera scelta individuale degli occupati di conciliazione dei tempi di vita, né tantomeno da una strategia di politica del lavoro orientato alla ridistribuzione dell’orario.

Il part-time involontario dipende solo dall’accettazione di contratti a tempo parziale in carenza di posti di lavoro a tempo pieno, che ha consentito a una quota sempre maggiore di occupati di mantenersi nella crisi e/o di trovare nella ripresa un’occupazione.

A livello nazionale, nel 2016, i part-time involontari sono più che raddoppiati rispetto al 2008 (più 1.348.000 unità pari al 101,5{0d848af5c73fb4bbfeaa421a202570d774e4edaa490ec183e5fcc1121a5edb48}).

È poi aumentato il lavoro a bassa retribuzione che non incide sull’emergenza sociale perché permangono alti i livelli di povertà ed esclusione sociale.

Nel 2016, al Sud, 10 su 100 erano in povertà assoluta e il 34{0d848af5c73fb4bbfeaa421a202570d774e4edaa490ec183e5fcc1121a5edb48} a rischio povertà.

È indispensabile quindi organizzare una politica di sviluppo per creare lavoro di qualità rafforzando con risorse adeguate il REI, misura di contrasto della povertà.

Qui il Rapporto Svimez 2017 del 7 novembre 2017