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La CEDU blocca il rimpatrio dei figli per il rischio di violenze domestiche

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La CEDU blocca il rimpatrio dei figli per il rischio di violenze domestiche

È quanto deciso dalla CEDU sez. IV nell’odierno caso O.C.I. ed altri c. Romania (ric. 49450/17).

Il caso. I ricorrenti sono una madre, cittadina rumena, ed i suoi due figli minorenni vittime di comprovate ed acclarate violenze domestiche da parte del padre italiano. La donna, per proteggerli dalle punizioni corporali e dai trattamenti degradanti inflitti loro, violenze comprovate da video e pregresse denunce, approfittando delle vacanze estive, nel 2015 era tornata in paria e rifiutava il ritorno a casa. L’uomo adì le Corti italiane ed ottenne una sentenza che ne ordinava la restituzione ai sensi della Convenzione dell’Aja, di cui fu chiesta l’esecuzione alle autorità rumene ai sensi di Regolamento (CE) 2201/2003 (Bruxelles II bis) sulla competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e genitoriale. Le Corti rumene, perciò, ne hanno ordinato la restituzione, ignorando i gravi rischi cui andavano incontro i minori (rifiutavano di avere contatti col padre) rientrando nel luogo della loro abituale residenza. Per le Corti queste violenze erano state occasionali e l’Italia avrebbe potuto intervenire per tutelarli, se nuovi abusi fossero stati portati all’attenzione delle competenti autorità. I minori, però, almeno sino al 26/9/18, erano ancora in Romania.

La tutela del benessere del minore è un diritto fondamentale. Si rinvia al caso X. c. Lettonia [GC] nel quotidiano del 28/11/13 per ogni approfondimento sui principi sottesi alla materia ed alla sua disciplina a livello internazionale. Visti gli ambiti di competenza della Convenzione e di Bruxelles II bis è indubbia la loro stretta connessione. Orbene la CEDU ribadisce che la restituzione «non può essere ordinata in maniera meccanica od automatica», ma deve essere valutata caso per caso, alla luce di vari fattori e soprattutto delle eccezioni previste dagli artt. 12, 13 e 20 Convenzione dell’Aja, volte a tutelare il benessere psico-fisico del minore, ritenuto interesse supremo e preminente sugli altri confliggenti (Anghel c.Italia del 25/6/13), non solo dalla prassi della CEDU ma anche da quella della CGUE (D.M.D c. Romania ed EU:C:2016:819 – relativa all’esegesi dell’art.15 Bruxelles II bis – nelle rassegne del 6/10/17 e 4/11/16). È lapalissiano che «se i tribunali nazionali accettassero qualsiasi forma di giustificazione di atti di maltrattamento, comprese le punizioni corporali», sarebbe irrimediabilmente lesa la dignità del minore snaturando la ratio di dette norme.

La prevenzione delle violenze domestiche. Ogni Stato deve, perciò, adottare leggi che puniscano questi abusi e «misure ragionevoli per evitare violenze di cui le autorità avevano od avrebbero dovuto avere conoscenza». Entrambi i Paesi hanno leggi che puniscono questi reati ed inoltre in Romania sono proibite le punizioni corporali nell’ambito familiare. In generale ogni Stato deve scoraggiare e proibire questi abusi «nella legge e nella pratica». «Il rischio di violenza domestica contro i bambini non può passare come un semplice inconveniente necessariamente legato all’esperienza del ritorno, ma riguarda una situazione che va al di là di ciò che un bambino potrebbe ragionevolmente sopportare». In breve ogni volta che un minore corre un grave rischio, anche potenziale, di subire violenze o che siano lesi i suoi interessi si deve negare la restituzione, ma le Corti rumene, in deroga al principio di sussidiarietà, hanno comunque deciso di dare esecuzione all’ordine di rimpatrio, malgrado queste comprovate violenze.

Oneri dei giudici. Il principio di fiducia reciproca, sancito da Bruxelles II bis, deve essere interpretato anche nel senso che il minore deve confidare nella tutela della sua incolumità e dei suoi interessi supremi da parte dello Stato: anche questo è stato derogato dalle Corti rumene. Si ricordi che un principio base del diritto comunitario impone ai giudici di disapplicare tutte quelle norme che violino i diritti fondamentali, ma le Corti rumene lo hanno ignorato, scaricando la responsabilità della tutela dei minori sulle autorità italiane qualora fossero state informate su nuovi abusi. La Romania è quindi venuta meno ai suoi doveri positivi e negativi di cura e protezione ex art. 8 Cedu (queste violazioni hanno assorbito anche quelle ex art. 3 sul divieto di trattamenti inumani o degradanti come quelli subiti da questi bambini).

Qui la sentenza della CEDU, Sezione Quarta, del 21 maggio 2019, caso O.C.I. ed altri c. Romania (ric. 49450/17)