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L’emergenza Covid-19 e la sospensione dei mutui per l’acquisto della prima casa

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L’emergenza Covid-19 e la sospensione dei mutui per l’acquisto della prima casa

1 . L’emergenza COVID-19 e l’estensione delle categorie dei soggetti che possono accedere al Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa.

L’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha stravolto le nostre vite e ha reso necessari interventi urgenti sia nel settore sanitario che in quello economico. In questa sede sarà analizzata la modifica della disciplina in tema di Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa.

Il Fondo (c.d. Gasparrini) è stato istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, con la l. 24 dicembre 2007,n. 244 [1]. I commi 475 ss. dell’art. 2 di tale legge hanno, infatti, previsto la possibilità, per i titolari di un mutuo contratto per l’acquisto della prima casa, di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà. In particolare, il comma 476 dell’art. 2 l. n. 244 del 2007 ha disposto quanto segue: «Per i contratti di mutuo riferiti all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale del mutuatario, questi può chiedere la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso dell’esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie per esso prestate è prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del contratto medesimo. La sospensione non comporta l’applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive».

I regolamenti attuativi avevano fissato alcuni limiti per l’accesso al beneficio [2]. Fra questi quello di non superare i 250 mila euro di importo erogato con il mutuo, di non avere il mutuatario un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) superiore a 30 mila euro e di essere il mutuo in ammortamento da almeno un anno [3].

L’obiettivo del Fondo era ed è quello di far fronte alle difficoltà che i nuclei familiari incontrano nell’assolvere agli obblighi derivanti da mutui contratti per l’acquisto della prima casa, soprattutto nel caso di insorgenza di eventi e circostanze eccezionali ed impreviste, destinate a incidere negativamente sul reddito complessivo del nucleo familiare [4].

Il comma 479 subordinava l’ammissione al beneficio «esclusivamente all’accadimento di almeno uno dei seguenti eventi, intervenuti successivamente alla stipula del contratto di mutuo e verificatisi nei tre anni antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio: a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa; b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa; c) morte o riconoscimento di handicap grave, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero di invalidità civile non inferiore all’80 per cento».

L’art. 26 (Estensione del fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa) del d.l. 2 marzo 2020, n. 9 (Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Ccovid-19), ha, invece, ora esteso il beneficio anche all’evento della «sospensione dal lavoro o riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito», aggiungendo la lettera c-bis) al comma 479 dell’art. 2 l. n. 244 del 2007.

L’art. 1 del Decreto del MEF, 25 marzo 2020 (Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, ai sensi dell’articolo 54 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18) [5], in attuazione della disposizione sopra riportata [6], ha ritenuto rilevanti le seguenti situazioni: «i) sospensione dal lavoro per almeno 30 giorni lavorativi consecutivi; ii) riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni lavorativi consecutivi, corrispondente ad una riduzione almeno pari al 20% dell’orario complessivo”, ed ha stabilito che per tali situazioni “la sospensione del pagamento delle rate del mutuo può essere concessa per durata massima complessiva non superiore a: a) 6 mesi, se la sospensione o la riduzione orario del lavoro ha una durata compresa tra 30 giorni e 150 giorni lavorativi consecutivi; b) 12 mesi, se la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro ha una durata compresa tra 151 e 302 giorni lavorativi consecutivi; c) 18 mesi, se la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro ha una durata superiore di 303 giorni lavorativi consecutivi».

Il terzo comma dell’art. 1 d.P.C.M. 25 Marzo 2020 ha precisato che: «Ferma restando la durata massima complessiva di 18 mesi, la sospensione può essere reiterata, anche per periodi non continuativi, entro i limiti della dotazione del Fondo».

Il comma 4 del suddetto decreto, invece, ha disposto che il richiedente debba «allegare all’istanza di accesso al Fondo copia del provvedimento amministrativo di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito, o la richiesta del datore di lavoro di ammissione al trattamento di sostegno del reddito, o la dichiarazione del datore di lavoro, resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti la sospensione e/o riduzione dell’orario di lavoro per cause non riconducibili a responsabilità del lavoratore, con l’indicazione del periodo di sospensione e della percentuale di riduzione dell’orario di lavoro».

Un’ulteriore estensione dei beneficiari è stata prevista dal primo comma dell’art. 54 (Attuazione del Fondo solidarietà mutui “prima casa”, c.d. “Fondo Gasparrini”), del d.l. 17 marzo 2020,n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), c.d. Decreto Cura Italia.

Tale comma, infatti, dispone quanto segue: «1. Per un periodo di 9 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legge, in deroga alla ordinaria disciplina del Fondo di cui all’articolo 2, commi da 475 a 480 della legge 244/2007: a. l’ammissione ai benefici del Fondo è esteso ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che autocertifichino ai sensi degli articoli 46 e 47 DPR 445/2000 di aver registrato, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra la data della domanda e la predetta data, un calo del proprio fatturato, superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019 in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus[7]; b. Per l’accesso al Fondo non è richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)».

L’estensione ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti è, dunque, limitata ai nove mesi successivi all’entrata in vigore del decreto.

La lettera b) estende, sempre in via provvisoria, a tutti i beneficiari del Fondo l’esonero dalla presentazione dell’ISEE [8].

Il quarto comma dell’art. 54 prevede l’assegnazione al Fondo di 400 milioni di euro per il 2020. Si tratta di una cifra elevatissima se messa a confronto con gli stanziamenti precedenti [9], cifra che ben si giustifica davanti a un evento epocale come quello che stiamo vivendo.

2 . La modifica del comma 478 dell’art. 2 l. n. 244 del 2007 e la riduzione della quota di interessi pagata dal Fondo.

Il terzo comma dell’art. 54 è di particolare importanza perché modifica in via definitiva il comma 478 dell’art. 2 l. n. 244 del 2007.

Il vecchio comma 478 disponeva quanto segue: «Nel caso di mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, il Fondo istituito dal comma 475, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà prevista dal comma 476, presentata per il tramite dell’intermediario medesimo, provvede al pagamento degli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione, corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al netto della componente di maggiorazione sommata a tale parametro».

La disciplina contenuta in tale comma aveva dato luogo a dubbi interpretativi. Ci si era chiesti, infatti, cosa dovesse intendersi per debito residuo (se, cioè, gli interessi dovessero essere calcolati sulla sola quota capitale delle rate sospese o sull’intero capitale residuo al momento della sospensione) e, soprattutto, se l’intermediario potesse chiedere sempre la componente di maggiorazione (spread), non coperta dal fondo, al cliente.

Con riferimento a quest’ultimo profilo era stata emanata una circolare ABI (prot. CR/LG/002959 del 27 ottobre 2010) che disponeva quanto segue «la banca mutuante potrà addebitare al mutuatario la quota interessi maturata nel periodo di sospensione corrispondente alla differenza tra quanto di competenza della banca, stabilito contrattualmente, e quanto effettivamente rimborsato dal Fondo. Le modalità di rimborso di tale quota interessi dovranno essere concordate tra le parti e preventivamente comunicate dalla banca al mutuatario». Le banche avevano, conseguentemente, adottato una soluzione interpretativa secondo la quale sul Fondo avrebbe dovuto gravare la quota interessi corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui [10], al netto della componente di maggiorazione (spread) sommata a tale parametro. Lo spread, invece, avrebbe dovuto esser corrisposto dal cliente.

L’Arbitro Bancario e Finanziario (ABF) è, però, intervenuto più volte sul punto adottando un’interpretazione diversa.

L’ABF, ha infatti ritenuto che, salvo patto contrario, la quota di interessi corrisposta dal Fondo, pari al parametro di riferimento del tasso applicato, senza considerare lo spread, esaurisse il pagamento di quanto dovuto dal cliente alla banca a titolo di interessi per il periodo di sospensione [11].

Più nel dettaglio l’ABF ha, cioè, ritenuto che: (i) le disposizioni legislative e regolamentari in materia, per le loro stesse finalità solidaristiche, dovessero essere interpretate nel senso che il rimborso da parte del Fondo della quota di interesse corrispondente al parametro di riferimento dell’interesse contrattuale esaurisse il pagamento di quanto dovuto alla banca a titolo di interessi delle rate sospese, senza che a tale titolo residuasse alcun debito del mutuatario beneficiato [12]; (ii) l’eventuale pattuizione di pagamento di una quota suppletiva a carico del cliente, limitata allo spread, potesse assumere rilievo soltanto nelle ipotesi in cui fosse stato stipulato uno specifico accordo di sospensione [13]; (iii) l’eventuale base di calcolo del rimborso dovesse essere la quota capitale delle rate sospese e non il capitale residuo alla data di sospensione.

Come ho già detto sopra, il terzo comma dell’art. 54 del decreto “Cura Italia” ha sostituito il vecchio comma 478 con il seguente: «Nel caso di mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, il Fondo istituito dal comma 475, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà prevista dal comma 476, presentata per il tramite dell’intermediario medesimo, provvede, al pagamento degli interessi compensativi nella misura pari al 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione».

Le novità rilevanti della nuova disciplina sembrerebbero essere due: 1) la riduzione della quota degli interessi coperti dal fondo, e 2) il riferimento a tutti gli interessi, senza la sottrazione della “maggiorazione”.

A me sembra, dunque, che il Fondo attualmente debba coprire il 50% di tutti gli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione, senza che possa rimanere spazio, con riferimento a tale 50%, a ulteriori pagamenti di “spread” da parte del cliente.

La circostanza che non ci sia più possibilità di chiedere al cliente il pagamento dello “spread” sembra confermato da quanto disposto dal secondo comma dell’art. 2 del decreto del MEF, 25 marzo 2020 secondo il quale «Ai fini del calcolo degli interessi compensativi (…) si applica il tasso di interesse contrattuale vigente al momento della presentazione della richiesta di sospensione del pagamento delle rate del mutuo».

Il cliente, però, dopo il periodo di sospensione [14], dovrà pagare il rimanente 50% di interessi, calcolati esclusivamente sulla quota capitale delle rate sospese. Su quest’ultimo, punto, infatti non c’è ragione alcuna per discostarsi da quanto stabilito dagli organi giudicanti.

La riduzione della quota di interessi coperta dal Fondo risulta ben giustificata dal prevedibile numero elevatissimo di soggetti che chiederanno la sospensione. Occorre garantire a quanti più soggetti possibile la possibilità di ottenere quanto meno la sospensione del mutuo prima casa. La speranza di tutti è che la pandemia finisca e che in futuro molti siano in grado di riprendersi e di affrontare con serenità le spese preventivate.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

[1] La misura è obbligatoria per le banche. Divenuto operativo nel novembre 2010, il Fondo è stato più volte rifinanziato. I fondi stanziati per il 2011, 20 milioni, sono stati completamente utilizzati in circa sei mesi. Il decreto ‘Salva Italia’ del dicembre 2011 ha rinnovato il provvedimento per i due anni successivi, con una dotazione di 10 milioni per anno.

[2] Mi riferisco in primo luogo al d.m. Min. econ. e fin. n. 132 del 21 giugno 2010 (Regolamento recante norme di attuazione del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa), ma vedi anche il d.m. Min. econ. e fin. n. 37 del 22 febbraio 2013 (Regolamento recante modifiche al decreto 21 giugno 2010, n. 132 concernente norme di attuazione del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa).

[3] Il d.m. n.132 del 21 giugno 2010 dispone anche che: «L’immobile non deve rientrare nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969 e deve costituire l’abitazione principale del beneficiario alla data di presentazione della domanda».

[4] Negli ultimi anni sono stati realizzati vari interventi a sostegno dei clienti in difficoltà nel pagamento delle rate di mutuo. Oltre al c.d. Fondo Gasparrini, si ricorda, in particolare, la sospensione delle rate di mutuo disposta a seguito del sisma in Abruzzo e in Emilia-Romagna (d.l. n. 39 del 2009 e d.l. n. 74 del 2012), la sospensione delle rate di mutuo a seguito del sisma che ha colpito Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo (d.l. n. 189 del 2016, conv., con modificazioni, dalla l. n. 229 del 2016), la sospensione delle rate di mutuo a seguito del sisma di Ischia, fino al 31 dicembre 2018, ai sensi dell’art. 1, comma 734, l. n. 205 del 2017 e il c.d. Piano famiglie, iniziativa di autoregolamentazione concordata nel 2009 tra l’Associazione bancaria italiana (ABI) e le associazioni dei consumatori.

[5] In G.U. Serie Generale n. 82 del 28 marzo 2020.

[6] Il terzo comma dell’art. 54 (Attuazione del Fondo solidarietà mutui “prima casa”, cd. “Fondo Gasparrini”), del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), c.d. Decreto Cura Italia (vedi infra nel testo), consente per l’appunto ciò, in quanto dispone quanto segue: «con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere adottate le necessarie disposizioni di attuazione del presente articolo, nonché del comma 1 e dell’art. 26 del decreto legge n. 9/2020».

[7] Il primo comma dell’art. 4 del d.m. Min. econ. e fin. 25 marzo 2020 dispone quanto segue “L’ammissione ai benefici del Fondo è concessa ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che autocertifichino ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 di aver registrato, nel trimestre successivo al 21 febbraio 2020 e precedente la domanda ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra il 21 febbraio 2020 e la data della domanda qualora non sia trascorso un trimestre, un calo del proprio fatturato medio giornaliero nel suddetto periodo superiore al 33% del fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus”.

[8] L’art. 5 del decreto del MEF 25 marzo 2020 dispone quanto segue: «1. Per l’accesso al Fondo non è richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), già prevista dall’art. 2, comma 1, lettera c) del DM n. 132/2010. 2. Le banche mutuatarie provvedono ad assicurare in ogni caso adeguate modalità di ricezione delle istanze, anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi previsti dall’art. 6 del DM n. 132/2010. 3. Ai fini del rispetto del limite massimo dei 18 mesi del periodo di sospensione di cui all’art. 2, comma 4, lettera c) del DM 132/2010, non si tiene conto delle sospensioni già concesse su mutui per i quali, all’atto della presentazione dell’istanza, sia ripreso, per almeno tre mesi, il regolare ammortamento delle rate di mutuo».

[9] Si v. nt.1.

[10] Ai fini della determinazione di questo parametro, l’art. 3, comma 1, d.m. 21 giugno 2010, n. 132 (Regolamento recante norme di attuazione del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, ai sensi dell’art. 2, comma 475 della legge 24 dicembre 2007, n. 244) dispone quanto segue: «2. Per parametro di riferimento si intende: a) per i mutui regolati a tasso variabile, l’Euribor di durata pari a quella usata nel contratto, ovvero in mancanza di parametrizzazione dei tassi all’Euribor, l’Euribor di durata pari alla periodicità di pagamento delle rate; b) per i mutui regolati a tasso fisso, il tasso IRS in euro riportato sulla pagina ISDAFIX 2 del circuito Reuters di durata pari alla durata residua del contratto di mutuo vigente al momento della sospensione dell’ammortamento ovvero, se non disponibile, la quotazione IRS riferita alla durata immediatamente superiore; c) per i mutui con opzione di scelta di tasso tra fisso e variabile, il parametro di indicizzazione vigente al momento della presentazione della richiesta di sospensione; d) per i mutui con tassi con parametri in parte fissi ed in parte variabili, il parametro previsto dalla lettera a) per la quota regolata a tasso variabile ed il parametro previsto dalla lettera b) per la quota regolata a tasso fisso».

[11] Cfr., fra le altre, Collegio di Coordinamento, dec. n. 4123 del 2015 e n. 4136 del 2015, Collegio di Napoli, dec. n. 22817 del 2018, Collegio di Roma, dec. n. 13786 de l2017; Collegio di Milano, dec. n. 5455 del 2016.

[12] Il Collegio di Coordinamento (cfr. le decisioni citate nella nota precedente) ha ritenuto che, in linea con la finalità solidaristica del Fondo, la normativa ha disposto che, sia pure entro limiti di ragionevolezza e senza imporre un sacrificio totale dei loro interessi economici, le banche concorrano alla realizzazione di quelle istanze di tutela dei mutuatari appartenenti alle fasce sociali più deboli, e pertanto più esposte alle conseguenze della crisi economica.

Credo si possa aggiungere che il sacrificio degli interessi delle banche sia compensato dalla circostanza che il Fondo garantisce loro un pagamento di interessi che, data la situazione dei beneficiari, potrebbe essere molto difficile da ottenere.

[13] Se manca la sottoscrizione dello specifico accordo fra Banca e cliente la banca “perde” lo spread, ossia la differenza tra l’Euribor (o l’IRS) e l’ammontare degli interessi che sono stati pattuiti nel contratto. La Banca è, però, vincolata alla sospensione e non può imporre patti aggiuntivi. L’accertamento circa la sussistenza dei requisiti per l’ammissione al beneficio della sospensione (nulla osta) spetta, infatti, al gestore del Fondo, soggetto terzo e distinto dalla banca. Quest’ultima deve solo comunicare la sospensione dell’ammortamento del mutuo, perfezionata con il nulla osta del gestore.

Il Collegio di Napoli, dec.n. 8717 del 2016 ha ritenuto che il documento di mera presa d’atto della possibilità di pattuire diversamente non integrasse gli estremi di un tale accordo.

[14] Si ricorda che il piano di ammortamento viene allungato di un periodo pari alla durata della sospensione.

(Fonte: giustiziacivile.com)

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