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L’esattore deve conservare le prove che attestano la notifica della cartella ben oltre cinque anni

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L’esattore deve conservare le prove che attestano la notifica della cartella ben oltre cinque anni

La conservazione dei documenti. I documenti che attestano la notifica della cartella di pagamento devono essere conservati, da parte dell’esattore, ben oltre i cinque anni. Lo ha specificato la Suprema Corte con la sentenza del 19 gennaio 2018, n. 1302, con la quale ha respinto il ricorso avanzato da Equitalia.

L’onere della prova. Tutto, secondo il Supremo Consesso, si gioca sull’onere della prova, che deve essere assolto mediante la produzione in giudizio della relata di notificazione o dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale; i documenti equipollenti, come i registri o gli archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria, o ancora le attestazioni dell’ufficio postale, non possono aver valore di prova.

«In assenza di tali produzioni – si legge in ordinanza – l’onere probatorio posto a carico del concessionario non risulta assolto. Né quest’ultimo può fondamentalmente avvalersi del disposto di cui all’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973, secondo cui il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione finanziaria: tale norma, infatti, non enuclea un’ipotesi di esenzione, oltre il quinquennio, dall’onere della prova a vantaggio del concessionario, limitandosi a stabilire che quest’ultimo conservi la prova documentale della cartella notificata a soli fini di esibizione al contribuente o all’Amministrazione».

(Fonte: fiscopiu.it)