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L’illecito di guida con patente sospesa retroagisce fin dal momento del ritiro

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L’illecito di guida con patente sospesa retroagisce fin dal momento del ritiro

Lo ha stabilito la sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7704, depositata in cancelleria il 19 marzo 2019.

Il caso. La vicenda sottostante alla pronuncia in commento riguarda l’illecito di cui all’art. 179 c.d.s., concernente la violazione delle norme relative all’uso del cronotachigrafo e al limitatore di velocità che, oltre alla sanzione pecuniaria, prevede la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da 15 giorni a 3 mesi.

Durante il periodo di ritiro della patente – operato nell’immediatezza su strada dall’organo accertatore – ma prima dell’adozione del provvedimento prefettizio di sospensione, il contravventore veniva sorpreso alla guida.

La polizia stradale contestava un verbale di accertamento in ordine alla violazione di cui all’art. 218, comma 6, c.d.s..

Avverso tale verbale, veniva presentata opposizione. Il Giudice di Pace rigettava il ricorso.

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’appello avverso la sentenza del giudice onorario, respingeva il gravame con condanna alle spese.

La sentenza del giudice territoriale è stata portata all’attenzione dei giudici di legittimità, con un ricorso articolato su quattro motivi. La censura principale, concernente la violazione e falsa applicazione del citato comma 6 dell’art. 218, si sostanzia sul presupposto che la violazione di tale norma risulta configurabile solo nei casi in cui la circolazione abusiva si sia verificata successivamente all’adozione della relativa ordinanza prefettizia di sospensione della patente.

Le sanzioni accessorie e la sospensione della patente. Il Codice della Strada, nel dedicare l’intera Sezione II, del Capo I, del Titolo VI, all’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, persegue l’obiettivo di garantire la massima effettività della disciplina, in quanto contraddistinta da un pregnante intervento da parte degli organi di polizia stradale. La funzione delle sanzioni accessorie, che conseguono di diritto all’accertamento della violazione, consiste nel limitare la libertà del trasgressore, con l’imposizione di obblighi o divieti, in funzione dissuasiva, ancorché repressiva e riparatoria dell’interesse pubblico violato. La sanzione accessoria si applica contestualmente all’accertamento, compiuto dall’operatore su strada e la sua esecuzione decorre da quel momento.

La sospensione della patente, ai sensi dell’art. 218 c.d.s., consiste nella privazione temporanea di efficacia del documento amministrativo, che impedisce al titolare di circolare alla guida di qualsiasi veicolo per il quale occorra un’abilitazione. L’organo accertatore, entro 5 giorni dal ritiro della patente, procede alla sua trasmissione, insieme a copia del verbale di contestazione, al Prefetto competente in relazione al luogo della commessa violazione. Il prefetto, determina la durata del periodo di sospensione tenuto conto della gravità della violazione e del pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare, oltre che dell’entità del danno apportato. L’ordinanza deve essere adottata entro 15 giorni, pena l’immediata restituzione del documento al titolare; in tal caso, infatti, l’inerzia della P.A. è causa di decadenza della sanzione che non potrà più essere applicata.

La circolazione abusiva durante il periodo di sospensione – che, in prima stesura del codice integrava una fattispecie di reato contravvenzionale, poi depenalizzata dall’art. 19, comma 8, d..lgs. n. 507/1999 – prevede, oltre a una pesante sanzione pecuniaria, le sanzioni amministrative accessorie della revoca della patente e del fermo amministrativo del veicolo per 3 mesi

L’ordinanza della Cassazione. La Corte, nel respingere in toto il ricorso, perché infondato, ribadisce a distanza di 8 anni, quanto già affermato dalla stessa sezione con ordinanza 10/11/2011 n. 23457, dalla quale riprende, parafrandola, anche la prosa.

Il risultato ermeneutico cui perviene la pronuncia, valorizzando la ratio del precetto normativo, è che l’illecito di cui all’art. 218 c. 6 si applica non solo nei casi di circolazione abusiva dopo l’adozione dell’ordinanza prefettizia di sospensione della patente, ma anche quando la circolazione si realizzi nel periodo di ritiro della patente, che in quanto funzionalmente preordinato e inscindibilmente collegato all’irrogazione della sospensione, ne anticipa l’efficacia.

La decisione si sofferma, poi, nel dimostrare che – come risulta anche da un, ancorché risalente, precedente della Cassazione penale (sentenza n. 10310 del 2/10/1997) – la condotta in esame configura la violazione di cui all’art. 218, comma 6, e non quella di cui all’art. 216 c.d.s., comma 6. Invero, il ritiro della patente previsto dall’art. 216, è qualificato come autonoma sanzione accessoria da applicarsi nei casi specificamente indicati; il ritiro del documento che rinviene la sua disciplina nell’art. 218 c.d.s., invece, non è qualificabile come sanzione accessoria, perché attiene ad una fase procedimentale propedeutica all’applicazione della sospensione della patente, questa sì propriamente definibile come sanzione accessoria. Il ritiro persegue, in sostanza, una finalità anticipatrice degli effetti della sospensione, tanto che, nell’ordinanza prefettizia si tiene conto, ai fini della determinazione della durata, anche del periodo immediatamente successivo all’avvenuto ritiro da parte dell’agente accertatore.

ale ricostruzione è avallata anche dall’interpretazione operata dalla Consulta nella sentenza n. 330/1998. Il Giudice delle leggi, infatti, ha osservato che l’attività dell’agente accertatore é da considerarsi strumentale e con finalità di prevenzione rispetto alla successiva applicazione della sanzione da parte del prefetto, della quale anticipa gli effetti; la misura sospensiva rimane assicurata proprio dal ritiro della patente, come conferma la previsione circa il rilascio di un “permesso provvisorio di guida limitatamente al periodo necessario a condurre il veicolo nel luogo di custodia indicato dall’interessato”.

Così, applicando le coordinate interpretative riassunte al caso concreto, la Corte ha rigettato il ricorso.