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Sanzionato l’avvocato che giustifica le offese nei confronti della controparte con il dovere di difesa

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Sanzionato l’avvocato che giustifica le offese nei confronti della controparte con il dovere di difesa

Così il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n. 136/17, depositata il 4 ottobre.

Il fatto. Il COA di Venezia irrogava la sanzione della censura ad un avvocato dopo aver accertato la responsabilità dello stesso per aver utilizzato nell’atto di citazione di un ricorso, in qualità di difensore dell’imputato, frasi offensive nei confronti della controparte ed inconferenti per il merito della causa. Nella specie l’avvocato portava a conoscenza il Giudice della causa delle precedenti condanne e raccontava con espressioni sconvenienti la personalità della controparte convenuta.

Avverso detta decisione ha proposto ricorso al CNF l’avvocato, sostenendo l’insussistenza di qualsiasi responsabilità a suo carico in quanto le frasi riportate nell’atto di citazione sono espressione del diritto di critica e di difesa ed inoltre, in ogni caso, il Giudice di merito non ne ha disposto la cancellazione.

Il dovere di difesa non giustifica le espressioni offensive.Il CNF ha osservato che, da quanto emerge dalla valutazione delle affermazioni oggetto di contestazione, non vi è alcun dubbio che le frasi non abbiano nulla a che fare con l’oggetto del contendere e siano finalizzate esclusivamente a creare un ingiusto discredito personale della controparte e non ad esprimere un giudizio né un’opinione personale con l’esimente del diritto di critica. Secondo il CNF «il limite di compatibilità delle esternazioni verbali o verbalizzate e/o dedotte nell’atto difensivo dal difensore», oltre il quale si configura responsabilità disciplinare, «va individuato nella intangibilità della persona del contraddittore, nel senso che quando la disputa abbia un contenuto oggettivo e riguardi le questioni processuali dedotte e le opposte tesi dibattute, può anche ammettersi crudezza di linguaggio e asperità dei toni, ma quando la diatriba trascende sul piano personale e soggettivo l’esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti».

In ragione di ciò «la libertà che viene riconosciuta alla difesa della parte non può mai tradursi in una licenza ad utilizzare forme espressive sconvenienti e offensive nella dialettica processuale, con le altre parti e il giudice, ma deve invece rispettare i vincoli imposti dai doveri di correttezza e decoro».

Irrilevante il mancato ordine del giudice di cancellare gli scritti offensivi. Inoltre, secondo il CNF, non ha nessuna rilevanza il fatto che il Giudice di merito non abbia cancellato le espressioni contestate.

In ragione del fatto che «in tema di frasi sconvenienti o offensive, è ininfluente il fatto che il Giudice civile abbia omesso di provvedere in ordine alla richiesta di cancellazione delle espressioni offensive, giacché il Giudice della disciplina ha completa libertà di effettuare pieno riesame delle espressioni utilizzate sotto il profilo deontologico», indipendentemente dalla valutazione compiuta dal Giudice di merito circa il carattere offensivo o meno delle frasi stesse espresse in ambito della responsabilità civile.

In conclusione il CNF ha ritenuto che la sentenza contestata non merita nessuna censura avendo il COA valutato le risultanze probatorie con correttezza e chiarezza sia sul piano logico che giuridico- deontologico.